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Una Repubblica aristocratica
Capo di Venezia era il Doge, eletto a vita e massima autorità rappresentativa dello stato; la procedura
che portava alla sua elezione era molto complicata: avveniva con vari scrutini e passaggi, per evitare favoritismi.
Il Doge non comandava
mai da solo: era affiancato dal Maggior Consiglio, organo legislativo della Repubblica; esso era formato da circa un migliaio di ricchi
patrizi e aperto, solo in casi eccezionali, a cittadini emergenti da altri ceti. Il Maggior Consiglio, che si riuniva in una sala
apposita di Palazzo Ducale, eleggeva il Doge e i membri di tutti gli altri organi della Repubblica.
C’erano poi il Consiglio Minore,
che affiancava il Doge negli affari interni ed esteri. C’era il Consiglio dei Pregadi, formato all’inizio da sessanta membri, chiamati
così perché “pregati” dal Doge; essi si riunivano in una sala con lunghi seggi affacciati; questa assemblea più tardi aumentò il numero
dei membri a trecento circa e prese il nome di Senato: deteneva il potere esecutivo, cioè il governo. C’era anche il Consiglio dei
Dieci, che si occupava della sicurezza del paese e infine c’era la Magistratura.
Questa Repubblica aristocratica, costituita da tanti
patrizi impegnati nel lavoro e nel controllo dello Stato, riuscì a garantire per molto tempo giustizia e sicurezza all’intero paese.
Le
stesse processioni dogali, in occasione di festività, erano sontuose e solenni.
Il corteo era aperto dagli scudieri con gli stendardi
con lo stemma della Repubblica di San Marco; poi c’erano i suonatori con trombe e tube d’argento, poi gli scudieri e i tesorieri del
Doge e poi i canonici in paramenti sacri, che introducevano il Patriarca in paramenti pontificali; seguiva una schiera di diaconi
e segretari.
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