Pianta antica di Venezia di Jacopo De Barbari
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L’arte veneziana continuò anche nei decenni successivi dopo la sua fioritura e a metà ‘500 comparvero due nuovi geni luminosi: Paolo Veronese e Jacopo Tintoretto.

Il primo giunse a Venezia a metà del ’500 all’età di ventisei anni e, “gran mago del colore”, diventò il pittore della vita lussuosa e beata delle dimore dei ricchi veneziani, nonché pittore di paesaggio.
Nelle sue decorazioni la sua arte ritrae con serenità la realtà circostante.
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Si ammirano varie sue opere, come il ciclo delle pitture nelle stanze del Consiglio dei Dieci, della Bussola, delle Sale del Collegio, dell’Anticollegio e del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, le tele nella chiesa de San Sebastiano e il soffitto della Libreria Sansoviniana; famose le sue grandi “Cene” per i Refettori dei Conventi de San Giorgio Maggiore e de San Sebastiano, nonché la pala per la sacrestia de San Zaccaria alle Gallerie dell’Accademia e quella con le “Nozze di Santa Caterina” nell’omonima chiesa.
 
Svolse anche molti lavori per privati, affrescando la Villa a Maser per i Barbaro, il palazzo di Camillo Trevisan a Murano e la Casa Contarini a Oriago.
Il secondo, artista veneziano, in antitesi col primo, perchè non lasciò quasi mai la sua città, fu Jacopo Tintoretto; il suo motto artistico fu “Disegno di Michelangelo, colore di Tiziano”, ma presto si scostò dall’immobilità classica per cercare nelle sue opere moto e animazione, ma non nel colore, come il Giorgione e il Tiziano, bensì nella luce, che diventò per l’artista il fattore che più di ogni altro diede unità alla sua visione.
La luce fu il suo ideale pittorico: è la luce che amalgama luce e colore.
Famose le sue opere: il “Miracolo di San Marco” (1548) alle Gallerie dell’Accademia, la “Vita di Santa Caterina” per l’omonima chiesa, ora conservata al Palazzo Patriarcale, il “Giudizio Universale” e l’ “Adorazione del vitello d’oro” (1560 circa) nella chiesa de la Madonna de l’Orto, le tre tele dei “Miracoli di San Marco” (1560-1565), continuazione del ciclo per la scuola omonima, la “Crocifissione” dell’Albergo de San Rocco e quella più piccola del presbiterio della Chiesa de San Cassiano; ancora le “Allegorie” (1578) della sala dell’Anticollegio,
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